A review by giovydsb
Imperium by Ryszard Kapuściński

4.0

Imperium è un lungo viaggio nei territori che appartenevano all'Unione Sovietica. Ormai ha i suoi anni, ma continua a parlare con voce forte e chiara anche oggi. Il punto di forza del libro è sicuramente lo sguardo personale di Kapuscinski, che non parla mai per sentito dire, ma racconta solo quello che ha visto, sentito e toccato con mano; in effetti, i passaggi più coinvolgenti sono quelli in cui l'autore racconta le sue esperienze personali (le pagine sulla visita nel Nagorno Karabakh, per esempio, sono tra le più angoscianti che abbia mai letto).

Il territorio abbracciato dalla narrazione è vastissimo, ma ovunque arrivano i tentacoli del potere, che si irradia da un centro ben preciso: Mosca, e, all'interno di Mosca, il Cremlino, la residenza dell'Uomo più Importante dell'Impero. Il controllo capillare è sempre presente, sempre sottinteso, è il fondamento stesso della grande macchina sovietica, che interviene dove e come vuole, trasformando in paesaggi da incubo anche i territori più belli (il lago d'Aral, per esempio). Un impero opprimente, quindi, nei confronti della natura e, soprattutto, della popolazione, sfiancata e rassegnata da anni di convivenza con l'assurdo. Un assurdo e un disagio che si vedono ancora oggi: le pagine sul soldato dell'aeroporto che per minuti interi confronta la foto sul passaporto con la faccia di Kapuscinski, quelle sulle porte che non si aprono se non dopo 16 tentativi, sulle finestre che non si chiudono, sulla temperatura dell'acqua che non si regola et similia sono tuttora attuali e descrivono situazioni in cui si trova spesso chiunque frequenti la Russia: situazioni in cui non si sa se ridere o piangere, perché non funziona niente di quello che dovrebbe funzionare, ma nessuno ha voglia di farci qualcosa, e con la realtà, alla fine, si evita di fare i conti:

Era una delle tipiche situazioni che fanno smarrire tanti occidentali, inclini a prendere la realtà per quello che sembra: trasparente, logica e comprensibile. Con una filosofia del genere, l'occidentale gettato allo sbaraglio nel mondo sovietico sente continuamente il terreno sfuggirgli sotto ai piedi, fino a quando non gli viene spiegato che la realtà che vede non solo non è l'unica, ma probabilmente neanche la principale.

Interessantissime le parti dedicate agli stati del Caucaso e dell'Asia centrale, un po' ripetitive, forse, quelle dedicate a Mosca e alla Russia.
Ultima nota sullo stile: è un libro sicuramente ben scritto, scorrevole e articolato, ma a volte si ha l'impressione che Kapuscinski non sappia se fermarsi alla scrittura di una cronaca brillante o metterci anche qualcosa del proprio pensiero, e così si impianta a metà strada, buttando uno spunto di riflessione senza elaborarlo in profondità, e rischia così di suonare un po' retorico. Una lettura che vale decisamente la pena fare, comunque.