A review by melanto_mori
Cielo in fiamme by Emmy Laybourne

4.0

Allora, dove avevamo lasciato i ragazzi?
Ah, sì, a un finale spaccato a metà: il gruppo si è diviso.
Ho trovato che il secondo volume correggesse alcune delle cose che più avevo odiato nel primo volume. Come per esempio lo slut-shaming su Sahalia, ma ciò non significa che i pensieri rivolti a questo personaggio “migliorino” poi tantissimo. Ogni volta che ci si riferisce a lei, non si fa che parlare del suo abbigliamento, dell’essere cool o del non esserlo, come se in una catastrofe di quelle dimensioni fosse davvero importante che ti metti addosso.
Non cambiano nemmeno alcuni comportamenti senza senso:
- Sahalia e le sue fisse amorose che cambiano nel giro di un “sei morto”.
- Tutti sti bambini che devono urlare per forza, che ti fanno credere che siano in perenne attacco isterico
- Il signor Scietto che li manda via solo perché hanno trovato il cadavere della moglie chiuso in una stanza (???)
- Astrid che molla Jake e si bomba Dean, ma poi torna Jake e lei ritorna con Jake, ma ce lo vuole da Dean. MAL DI TESTA.

In questo secondo volume abbiamo due vicende che si snodano in maniera parallela e quindi due PDV: quello di Dean rimasto al supermercato e quello di suo fratello Alex partito con Niko e gli altri alla volta di Denver.
Ovviamente, per entrambi, pare di essere finiti di nuovo in una “serie di sfortunati eventi” e quindi se gli possono avvenire disgrazie a raffica, come in ogni buona legge di Murphy, credetemi avverrà.
In alcuni casi ho pensato che certi eventi fossero stati inseriti solo per allungare il brodo, perché nell’economia della storia non hanno una reale utilità, quanto una reale “crudeltà”.

In particolare, la frazione di storia ambientata al supermercato è tutta incentrata sul triangolo Dean-Astrid-Jake e su come la loro relazione si incastri. Soprattutto perché Astrid è incinta. Ed ecco che ritorna la questione di donna=madre che trova il suo culmine ovvio.
Di nuovo: pessima caratterizzazione di Jake, abbozzata, facilona, tanto che è chiaro che il suo personaggio sta sul cazzo pure all’autrice, perché nei momenti finali del libro – quelli più concitati – il suo pg semplicemente SCOMPARE. Questi stanno scappando per salire sull’elicottero che li porterà al sicuro, abbiano una carrellata di tutti i personaggi. E Jake non viene nemmeno nominato. Lo ritroveremo solo nell’epilogo in cui, boh, hanno deciso che “Jake verrà chiamato papà (dal bambino), e Dean invece ne ricoprirà il ruolo”… come se fossero ormai due vecchi scafati, che della vita hanno capito tutto e hanno il mood settato su “maturità a manetta”. NH.
Altra incoerenza è che Dean sta lì a farsi problemi per aver ucciso delle persone, soprattutto quando era in versione berseker causa contaminazione del suo sangue 0 con gli agenti chimici, e poi quando fuggono abbandonano quei ragazzi loro coetanei o giù di lì dentro il supermercato mentre decontaminano l’intera Monument con le bombe.
Allora, scusate, no non si uccide, ma quelli però, chissene frega? Il discorso non torna.

Il gruppo invece diretto a Denver, e osservato dal punto di vista di Alex – fratello di Dean –, non se la passa certo meglio. E nonostante la sfiga all’ennesima potenza, si continua con queste relazioni sentimentali inserite a forza e sviluppate malissimo, che nascono dalla sera alla mattina e hanno le connotazioni dell’amore della vita, quando questi a stento sanno come pulirsi il sedere.
Josie è un personaggio che nel primo volume secondo me è stato caratterizzato male: passa da uno stato catatonico iniziale (dovuto a una grave ferita alla testa) all’essere la donna-angelo-del-focolare e pure un po’ sergente di ferro, che mette tutti in riga. Così. A schiocco di dita.
Le cose per fortuna cambiano un po’ nel secondo volume, quando perde quest’aura da “mamma”, per assumerne una molto più complessa e oscura, che ho apprezzato di più.
Delusione invece per Niko, che da personaggio molto squadrato, motivato a volte anche freddo e che non riesce a relazionarsi, di colpo di viene uno che si fa prendere molto più dalle pulsioni e dalla propria disperazione. Difatti non sempre mi ha convinto, perché mi sembrava troppo ammantato da un atteggiamento da adulto trent’enne, che da sedicenne.

Come al solito, il personaggio d’oro è Max. Voce della vera saggezza.
Momento d’oro, invece, quando Batiste ritrova sua madre. È stato bello, mi ha emozionata, perché comunque nonostante tutto, ancora una volta, sono rimasta invischiata nella storia di questa fuga per la salvezza, sudata fino alle ultimissime pagine.
Troppe volte c’è accondiscendenza con i ragazzi, anche tra gli adulti – adulti inutilissimi, cmq. Toppe volte c’è accondiscendenza verso i bambini.
Ma in generale è rimasta una bella lettura, in cui finalmente, almeno per poche pagine si può tirare un sospiro di sollievo.
Poche pagine… perché poi il finale ci dirà che non è finita qui e che c’è l’ultimo libro che ci aspetta.

Nota che mi sento di fare: per fortuna questo secondo volume ha molti meno refusi del primo. Il primo è stato flagellato da refusi, errori nella scrittura dei nomi e altri scritti nei posti sbagliati. Qui, invece, va decisamente meglio.