A review by lasiepedimore
Africanfuturism: An Anthology by Wole Talabi, Derek Lubangakene, T.L. Huchu, Tlotlo Tsamaase, Rafeeat Aliyu, Dilman Dila, Mazi Nwonwu, Nnedi Okorafor, Mame Bougouma Diene

4.0

Puoi trovare questa recensione anche sul mio blog, La siepe di more

La decima task della 2021 RHC sembrava fatta apposta perché leggessi questa antologia che Okorafor aveva portato alla mia attenzione con un suo tweet: potete ancora trovarla disponibile gratuitamente sul sito di Brittle Paper, se dovesse stuzzicare la vostra curiosità e non avete problemi a leggere in inglese. Si tratta di otto racconti di autorз diversз: il genere – l’africanfuturism – è un sottogenere della fantascienza che, specifica Okorafor in un breve saggio introduttivo, è scritto da persone di discendenza africana (con tutte le differenze del caso tra le varie popolazioni e gruppi etnici) ed è radicato in Africa. A differenza dell’afrofuturism, scritto da persone nere, spesso statunitensi e con una prospettiva cosiddetta occidentale, l’africanfuturim porta la prospettiva sul futuro di autorз africanз e incorpora nella sua prosa elementi della cultura, della storia e della mitologia delle varie popolazioni africane.

Africanfuturism: An Anthology è la classica raccolta di racconti che ti lascia la voglia di leggere un’opera più sostanziosa di ognunǝ dellз autorз presenti. Si inizia con Egoli di T.L. Huchu, un racconto molto semplice e molto classico – la voce narrante mi ha ricordato un po’ Zia Muschio di Ursula K. Le Guin – dove l’atmosfera ben resa rende la storia assolutamente godibile.

Si prosegue con Sunrise di Nnedi Okorafor, un’autrice che già conosco grazie a Binti. Si tratta di un racconto sull’intelligenza artificiale, sui suoi possibili (e inaspettati) risvolti negativi e di come premiamo “acconsento” con molta, molta facilità pur di avere un servizio. Quindi si passa a Yat Madit di Dilman Dila, uno dei miei racconti preferiti: tendiamo a immaginarci la corruzione come un evento dove mazzette sostanziose vengono scambiate con potere e privilegi, ma a volte assume una forma più insidiosa e, forse, anche più difficile da individuare e contrastare.

Anche Rainmaker di Mazi Nwonwu mi è piaciuto molto, sia come worldbuilding, sia come l’autore ha caratterizzato i suoi personaggi. È quel tipo di mondo che ti fa venire voglia di leggerci ambientato un intero romanzo. Quindi troviamo Behind Our Irises di Tlotlo Tsamaase ha un sapore orwelliano e – come potete immaginare – non è uno dei racconti più positivi della raccolta.

Fort Kwame di Derek Lubangakene è forse il racconto che mi è piaciuto meno. L’ho trovato confusionario, non ho capito bene lo svolgimento della vicenda: forse avrebbe avuto bisogno di maggiore spazio. Fruit of the Calabash di Rafeeat Aliyu l’ho trovato molto intrigante e, sebbene le informazioni siano ridotte all’osso, mi è dispiaciuto veramente non avere pagine e pagine di spiegazione su come funziona questo futuro e come si è arrivatз a creare e formare bambinз in laboratorio. Chiude l’antologia Lekki Lekki di Mame Bougouma Diene, che non credo di aver capito in toto, ma che ho trovato molto affascinante.

In definitiva, è un’antologia che vi consiglio caldamente, anche solo come trampolino di lancio per segnarsi nuovз autorз da appronfondire. Sia mai che la vostra TBR si senta trascurata…