Reviews

The Mother's Recompense by Edith Wharton

crinela0998's review against another edition

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dark emotional medium-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? Yes
  • Loveable characters? Yes
  • Diverse cast of characters? Yes
  • Flaws of characters a main focus? Yes

3.0

evetoi's review against another edition

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tense slow-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? No
  • Loveable characters? No
  • Diverse cast of characters? No
  • Flaws of characters a main focus? Yes

2.0

graywacke's review against another edition

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reflective medium-paced

4.0

Some of Wharton's best sustained prose, especially in the early sections where Kate is in Europe and first returns to New York. I'll have to think about what Wharton did with our main character and what her design was. 

kismazsola's review against another edition

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4.0

Muszáj a LibriVox-szal kezdenem. Vannak azok a felolvasók, akik jók, de felejthetők. És vannak azok, akiknek már a hangjuk is egy kész személyiség. Anne Fletcher ilyen. Ennek vannak előnyei és hátrányai. De az, hogy főleg az anya szemszögéből kapjuk a történetet, és nem sokat szólal meg a lány, tökéletessé tette ezt a hölgyeményt felolvasónak. És persze alapjában határozta meg az olvasásélményt.
A felolvasáson kívül önmagában is megállja a helyét a regény. A The Old Maid kisregényben egészen más aspektusból vizsgálta Wharton a társadalom és az anyaság kapcsolatát. Itt Kate oldalán éljük végig, ahogy visszamegy New Yorkba már felnőtt lánya kérésére, akit ~20 éve elhagyott még kisgyermekként. Már ez is sok felfedeznivalót kínál: hogyan viszonyul a lányához?, és a lány az anyjához?, a New York-i felső tízezer hogyan fogadja vissza ezt a nőt?, ki meddig bírja ezt a feszült helyzetet?. De Wharton megspékeli még egy kis izgalommal: ütközteti Kate-ben az anya és a nő szerepét. Ami úgy kifejezetten érdekes, hogy bár papíron 20+ éve anya Kate, a valóságban tapogatózik egy szokatan helyzetben, hogy ez a gyakorlatban és érzelmileg mit is jelent.
A megvalósítás egy kicsit melodrámaibb, mint ideálisnak érzem, de ettől még nagyon élveztem.

pattiillbee11's review against another edition

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4.0

This is the first Edih Wharton book I've read. Though it was written almost 100 years ago, I found it still relatable. I admired Kate's determination to live her life independently. Were there regrets, yes, as a mother, definitely. Loneliness, sure. But she was true to herself. Remarkable 100 years ago, still so today.

elena_1902's review against another edition

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4.0

Se ci fosse una categoria dei libri più espressivi nella loro brevità del 20esimo secolo, e sottovalutati, questo ne farebbe parte (e il nome di Edith Wharton risuonerebbe anche per queste poche pagine)

Una situazione tanto quotidiana quanto assurda e da dramma in famiglia caratterizza la storia di Kate Clephane, circa 40 anni di confusione e solitudine nonostante l’apparente stabilità dopo una vita di sfoghi e bellezze. Già il primo capitolo introduce la bellissima scrittura della Wharton che, con parole semplici, evoca un’atmosfera attorno alle riflessioni scorrevoli della protagonista che mette in luce il periodo di stasi in cui si trova e al contempo i turbamenti da un tempo in cui non c’è alcuna certezza è tutto sembra scorrere senza senso. Questo tempo di post-prima guerra mondiale che caratterizza la società intera, va poi nello specifico nella relazione e di famiglia tra Kate e sua figlia, travagliato non solo per il fattore di trama riguardo al segreto del vecchio amante che ora potrebbe stare con la giovane Anne, ma anche proprio per come quest’ultima si riunisce genuinamente alla madre prima con speranza, poi con realistico risentimento ricordandosi dell’abbandono. È una relazione che aiuta ad approfondire il percorso di Kate stessa, nel segreto che tiene e in quello che crede un passaggio a una vita diversa, ma in realtà vuota come quella precedente, con la differenza che dopo la Grande Guerra “la realtà e la durata erano attributi della quotidianità, della noia e della banalità.” Sempre citando testualmente, è proprio con queste caratteristiche in un mondo vuoto già all’inizio del Novecento e, poi, dopo il grande evento, che ci si dà “a tutte le emozioni artificiali che la società offre tanto generosamente a chi desidera dimenticare.” Sono solo parole del primo capitolo in cui inquadriamo una riflessione esterna che ha quel tragico interno del personaggio stesso, che riflette sulla solitudine che la continuerà a circondare per tutto il resto del libro; è ironico come questo giudizio serva all’autrice per tracciare il profilo di dualità della società del tempo che nascondeva quell’incertezza (ricordiamo sempre l’ipocrisia politica ed economica nonostante la crescita nell’America della Gilded Age, 1870-1920), e allo stesso tempo mostrare quanto sebbene Kate sia consapevole del cambiamento, ne rimanga vittima come tutti, soprattutto negli affetti familiari in un passato che non dimentica facilmente nonostante i e tentativi positivi con la figlia. Lei ed Anne, personaggio al suo massimo del controllo e felicità (che Kate scoprirà, come tutti i rapporti ha dei difetti nel mezzo e non è l’amore che cura), hanno un rapporto che tenta di stringersi il più possibile, nonostante si senta il peso dell’abbandono con il padre e svariate vicissitudini che ora portano un’instabilità nel relazionarsi con gli altri, e soprattutto Kate è intrecciata nel segreto della precedente relazione con Chris, un ostacolo che per assurdo deve evitare di rendere tale in un rapporto appena ripreso: è descritto quindi sia con la gioia del riunirsi di nuovo sia con la difficoltà del tempo passato e di una fiducia completamente nuova da costruire, sia scontrandosi con quello che ancora non conoscono l’una dell’altra nonostante l’affetto che automaticamente una madre proverà per la figlia. Sono entrambe figure molto dinamiche in questi ruoli, perché hanno dei nomi e delle reputazioni: positiva nel caso della giovane che rappresenta la nuova generazione che tenta di alleggerire i dolori, negativa per Kate che ritorna da avventure tra amanti e luoghi ricercando una costante libertà ma che, nei coetanei della generazione precedente, ritrova l’ipocrisia che la Wharton denuncia costantemente, questa considerazione dell’onore, dei beni materiali, della famiglia in mera apparenza di nomi, dei pregiudizi verso qualunque cosa non rientri in modi prestabiliti di comportarsi— e anzi, cosa c’è più di stabile nel primo dopoguerra?


Dalla quotidianità nelle interazioni sociali alle emozioni più profonde in ricordi che rincorrono Kate -e sui quali lei riflette anche all’universale-, si presenta un quadro di stranezza e sterilità della vita dopo che un tale evento ha scosso il mondo intero: "La guerra aveva inghiottito lei, e tutte le sue preoccupazioni di poco conto, così come aveva divorato molti altri milioni di persone.” è una sentenza di grande realismo per ciò che ci aspetteremmo dopo lo shock, la realizzazione di quanto la vita può contare... eppure, Kate è così sola e capisce di esserli stata ancora di più prima in un vortice di passioni e stile di vita finti, che seguita la frase “Sembrava fosse destino che, alla fine, dovesse essere grata alla guerra.” Per far uscire le persone dalle maschere che indossano, dalle presunte felicità non in realtà trovate, da valori tradizionali che con la fine dell’Ottocento non sono più applicabili, solo lo scoppio di un così grande conflitto ha potuto far aprire gli occhi alla nostra protagonista.


Questa dualità di ironia tragica è dal grande spazio portato a quello più piccolo delle conoscenze di ogni giorno, di chiacchiere a tavole familiari, lavorative, nuovi sbocchi che Kate spererebbe di cogliere prima di capire, in un percorso che alla fin fine la vede sì, più riunita a sua figlia e a una nuova felicità che non le ha mai voluto negare, ma non ancora del tutto a sé stessa. Il grande tema dell’incomunicabilità che caratterizza tutto il 20esimo secolo per le cadute di certezze, la nuova società di massa e le scoperte tecniche-culturali di vario tipo, è qui rappresentato nei suoi massimi partendo dai “minimi”, in un certo senso, nel rapporto genitore-figlio (con il merito da riconoscere su svariati piani alle madri e alla condizione femminile, poi), che viene indagato nei suoi alti e bassi con fare psicologico senza aver bisogno di dilungarsi troppo.
Bastano anche solo poche righe e parole inserite in molti incisi, congiunzioni e figure retoriche che le sottolineino, siano anche parole semplici ma rese super efficace per far capire grazie al focus su Kate -di una vita assurdamente comune per chi disponeva di certe possibilità all’epoca- come ricada la solitudine, la mancanza di comunicazione nella segretezza a livello individuale-esistenziale, da qui il trauma del non riconoscersi davvero o serbare una speranza che almeno gli altri lo facciano e, da questo, cominciare forse un’ennesima nuova “vita”, “routine” alla fin fine, che ugualmente non può avere un’affermazione certa nel futuro; ma, e ciò di nuovo è psicologicamente approfondito anche con poco, Kate farà tesoro proprio di quei dubbi precedenti, ricordandosi di come non facilmente aveva preso decisioni e tentando di scoprire da sola come fare:

“Nulla le sarebbe più stato di aiuto in questo mondo -per cancellare i vecchi orrori e la nuova solitudine- quanto il fatto di essere in grado di non cambiare idea sulla decisione presa, di essere capace di dire a sé stessa, tutte le volte che cominciava a scivolare verso nuove incertezze e nuove concessioni, che almeno una volta era stata irremovibile, riponendo in un piccolo spazio di luce e di pace la cosa più bella che le fosse mai capitata.”

Queste ultime righe conclusive di tutto il romanzo esprimono appieno le contrapposizioni tra quelle che si credeva essere affermazioni di vita precedente, e quelle che lo sono state davvero dopo, quella cosa splendida che così definisce che non sembra alludere solo alla figlia in un rapporto più ritrovato, ma anche a sé stessa nel darsi più possibilità di capirsi e capire l’esterno.


La ricompensa di una madre parte da un titolo ironico, affonda nel realismo di strade americane sotto un’altra luce in questi confronti di società e anni; e ne risale infine con un percorso individuale di una figura genitoriale che, prima di riaffermarsi tale, deve dare una maggiore identità a pensieri e affetti che la rendano la Kate Clephane valida nel suo personale passato, presente e futuro.
Come un classico di anni fa sia riuscito a mostrare tre frasi ampie pur partendo da una singola idea di dramma nella quotidianità, passando a quello dell’esistenza in senso più lato... solo questa scrittrice e il suo dono per i personaggi imperfetti e inghiottiti da tutto possono farlo! Espressivi dell’inettitudine tanto quanto nel trovare la forza pur essendoci quella dura società conflittuale, motivo per cui credo che i libri di Edith Wharton andrebbero studiati nella letteratura novecentesca a scuola- almeno accennati- (ma con questi programmi...)

Rimane una scrittura che sa dare panoramiche sociali e culturali dai più piccoli gesti e precisione nei dialoghi, da background definiti da cui trae il pathos dei personaggi che sfuma nelle loro insicurezze più volubili e cambiamenti forti: ormai fa sì che come autrice continui a non deludermi

audreylee's review against another edition

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emotional slow-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? No
  • Loveable characters? No
  • Diverse cast of characters? No
  • Flaws of characters a main focus? Yes

3.0

ricefun's review against another edition

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5.0

It is evident that this is a later Wharton novel. The muted tones, European ex-patriot setting, and underlying desperation all harken strongly to her other better-known works like “The Age of Innocence,” and especially “The House of Mirth.” With a mother/daughter story that is both engaging and distressing, alongside developing romances that should cause deep questions, Wharton does not shy away from exposing an underbelly to the gilded life experienced by her “set” in New York.

I was most intrigued with Wharton’s literary device of spelling out Kate Clephane’s entire name throughout the book. By the second chapter we are familiar enough with Kate that it would be reasonable to use her given name for the rest of the story. However, for the remainder of this novel, Wharton continues to emphasize Kate’s married name - possibly a reminder of her status as a woman owned by her husband and his family - no matter how far Kate tries to remove herself from that family situation. Equally striking is that we do not hear the last name of Kate’s love interest until far into the novel, making it feel that his quality exists in a completely different vein than Kate’s as a woman of society. He, instead, for much of the book only exists in relation to her. Then, when he takes on a character of his own, his name and rank in the military are revealed. I appreciated tracing this use of names throughout this story.

lola425's review against another edition

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4.0

Kate gets a chance to redeem herself with the adult daughter she left behind as a child until a former lover appears on the scene and is found to be romancing that same daughter. Will Kate be able to stand by and watch her daughter marry her one great love? Or will she tell all? It feels soapy, but there is an ethical conundrum that does not have an easy answer.

themoonphoenix's review against another edition

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emotional tense medium-paced
  • Plot- or character-driven? A mix
  • Strong character development? It's complicated
  • Loveable characters? It's complicated
  • Diverse cast of characters? N/A
  • Flaws of characters a main focus? Yes

4.0